Psycho Vertical
photo © Psycho Vertical
di Alessandro Gogna
La personalità alpinistica di Andy Kirkpatrick, essendo molto anomala, è assai complessa. In primo luogo, leggendo il suo primo libro, o sentendolo raccontarsi nel suo film (il nome, Psycho Vertical, è lo stesso…), vediamo un uomo che non bada molto ai primati essendo assai più interessato a conoscersi: “Non ho scalato l’Everest, non ho sciato fino ai poli, né ho navigato da solo in giro per il mondo. Gli obiettivi che mi ero prefissato di raggiungere non sono facilmente misurabili o quantificati da record mondiali o ‘primati’. Le ragioni per cui arrampico, e le salite che faccio, sono qualcosa di più della distanza o dell’altitudine, riguardano il rompere le barriere dentro me stesso“.
Ma, a dispetto di questo, John Humphrys (della BBC) lo ha definito “il Ranulph Fiennes dell’alpinismo britannico”. E diciamo “a dispetto” perché sir Ranulph Fiennes è stato considerato il più grande esploratore vivente, con una lista di guinness da fare paura.
In secondo luogo, se analizziamo la sua stupefacente attività, lo vediamo brillare in due specialità che assai raramente abbiamo visto convivere in altri grandi uomini d’avventura. Anche se di certo Kirkpatrick può essere definito comunque polivalente, i suoi campi d’azione sono l’alpinismo estremo (su terreno alpino invernale oppure in quello d’avventura nelle terre più remote) e l’arrampicata estrema in artificiale e solitaria su big wall.
Abbiamo visto molti polivalenti, ma in genere le specialità sono l’arrampicata libera, l’arrampicata sportiva, l’alpinismo da spedizione variamente mescolati assieme, talvolta con l’aggiunta del free solo. Difficilmente l’avventura del grande alpinismo è combinata con il big wall solitario e artificiale. Gli uomini dell’A5 difficilmente amano le scalate di sofferenza, fredde, remote, senza alcuna o quasi possibilità di aiuti esterni. Ebbene, Kirkpatrick invece ama proprio queste due cose.
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La rivista americana Climbing ha descritto Andy come uno scalatore con una “strana propensione per il lungo, il freddo e il difficile”, con la reputazione di “cercare vie dove il pericolo è reale, e il ritorno è discutibile, spingendosi su alcune delle pareti più dure delle Alpi e oltre, a volte con i partner e a volte da solo“.
Ciò è chiaramente detto nel film Psycho Vertical: guardiamo Andy muoversi concentrato in auto-assicurazione, appeso per giorni a ganci, copperhead e altre schifezze da A5, così circospetto da farci star male; ma poi lo vediamo con quella faccia così gioviale e bonacciona che ci racconta se stesso, mescolando i sentimenti per il papà con le immagini delle sue grandi salite invernali nelle Alpi a -30° o delle sue incredibili salite in Antartide.
Andy ha scalato l’El Capitan di Yosemite più di ventiquattro volte, comprese tre salite in solitaria e una in giornata (18 ore), oltre a farla con uno scalatore paraplegico, oppure con la figlia tredicenne o ancora con un amico cieco.
Andy, nato a Hull il 24 giugno 1971, ha anche preso parte a molte spedizioni, comprese quattro spedizioni invernali in Patagonia e una traversata della Groenlandia.
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Ma come mai uno come Andy Kirkpatrick è diventato un alpinista? Ce l’aveva raccontato bene nel libro: ragazzo con problemi di dislessia diagnosticata in ritardo, adolescenza travagliata, una moglie e una figlia che gli ricordano le sue responsabilità alle quali invece sembra voglia sfuggire, praticando un alpinismo che di certo oggi è relegato a pochissimi individui. Mentre gli obiettivi fisicamente e psicologicamente scoraggianti che si impone rischiano costantemente di soffocarlo, Andy non si vergogna mai della paura e dei dubbi che sembrano accompagnare come un’ombra ogni sua mossa. Forse sono proprio la sua vitalità e il suo entusiasmo trascinante per l’arrampicata e per i luoghi totalmente inaccessibili, fino all’estrema scommessa, a rendere così avvincente la lettura del libro e la visione del film. Uno dei suoi maggiori punti di forza è la sua capacità di parlare della sua vita e delle sue scalate in un modo che è totalmente accessibile al non arrampicatore e consente al pubblico di sperimentare la tensione dell’arrampicata su big wall.
Al riguardo del libro Chris Bonington ha detto: “Andy è uno dei più divertenti climber britannici e rappresenta quanto di meglio caratterizza l’arrampicata inglese contemporanea: audacia, innovazione, senso dell’umorismo, irriverenza, impegno e amore per il rischio”. Mentre Ed Douglas ha scritto: “Psycho Vertical è un diario potente ed intenso, ben scritto, a tratti brillante… Le descrizioni di arrampicata sono tra le migliori che abbia mai letto… Kirkpatrick sceglie le parole con la stessa attenzione con cui sceglie una corda”. E la motivazione del premio Gambrinus-Mazzotti, da lui vinto con il libro, recita: “In Psycho Vertical l’autore intreccia un autoritratto ironico e divertente, ma anche costellato di spunti introspettivi, con l’appassionante racconto della più estrema salita solitaria che attualmente si può immaginare (Reticent Wall). Ne scaturisce un libro originale che si legge d’un fiato e ispira simpatia per l’’uomo’, e non solo ammirazione per il ‘superuomo’ di turno”.
Anche il film è uno studio crudo e commovente sulla vita complicata e sulle motivazioni dello scrittore ed eroe-alpinista più improbabile della Gran Bretagna: ma è intrecciato alla cronaca della salita in solitaria di South Seas (con continuazione su Sea of Dreams) su El Capitan, 24 lunghezze in 18 giorni.
Le sue radici sono nella Hull degli anni ’70, lontano dai fermenti di Londra: Andy ha la testa tra le nuvole, piena di grandi idee per scoprire chi è e di cosa è fatto esattamente. Sebbene viva in povertà, dare la precedenza ai suoi sogni viene prima che il guadagnarsi da vivere. Padre orgoglioso, non può fare a meno di anteporre l’ambizione alla vita sicura, anche se questo significa rischiare la vita più e più volte. Perciò già alle sue prime conferenze, in mezzo a queste reali contraddizioni, sul palco riesce ad accartocciare il pubblico dalle risate.
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